domenica 8 settembre 2013

VI LASCIO IL MIO POSTO

 







VI LASCIO IL MIO POSTO



Da in cima alla collina si vede tutto un po' più piccolo.
Tè Minghìni te capì tòt in tla vita. Tan le brisa e burdel da campè ne una moglie che rompa el pal. Beato a te.”
Così ricordava Domenico, seduto su una roccia con lo sguardo rivolto ai calanchi, dire a qualcuno del paese.
Guardava queste spaccature della montagna e ci vedeva riflesso il suo cuore ed il suo animo. Certo, ora non aveva né figli né moglie, ma non era sempre stato così.
Quasi nessuno in paese ricordava la sua storia, solo i più vecchi, raramente avevano riacceso quel fuoco che aveva spazzato via la famiglia di Domenico. Lui stesso non ne faceva ricordo, nemmeno con se stesso.
La montagna era stata fino ad oggi il suo rifugio, lui era un uomo abituato al freddo, alla solitudine di quei luoghi, ma era stato un piacere avere, se pur per poco tempo, un luogo in cui scaldarsi. Un focolare.
Certo, la durezza ed i segni delle sue mani rispecchiavano il suo carattere, ma l'animo aveva piegato d'invidia anche gli ormai lontani ammiratori di Berlinguer che continuavano a citarne gli aforismi nel bar di Marradi: convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell'uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obbiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita.


Domenico era seduto su di una roccia, guardava i calanchi, e mentre il sole sorgeva, illuminando l'orizzonte e scaldando un poco il suo corpo, prese la sua decisione.
Non sarebbe più entrato in ospedale, né per la dialisi né per il trapianto di cui aveva avuto notizie il giorno precedente.
Era arrivato un rene compatibile. In mattinata doveva essere ricoverato e sottoposto all'intervento.
Ma Domenico si sentiva in colpa. Solo, col peso di una solitudine non voluta.
Aveva deciso di non meritare la vita, pensava che per uno strano gioco del destino lui fosse colpevole e per ciò avrebbe lasciato il posto a qualcuno più degno.

Sono solo e non ho famiglia. Lascio il mio posto a chi ha figli e ha più diritto di me, a vivere.

Così quella mattina scese dalla collina consapevole del suo futuro, coerente con la sua vita. Sarebbe morto dopo qualche giorno, perché i reni non gli funzionavano più e lui lasciava posto a qualcuno di migliore – neanche fosse un chiaroveggente – come poteva saperlo? Come poteva essere sicuro che il suo vuoto fosse colmato da un gesto così nobile?
Forse, più semplicemente, Domenico aveva fatto questa scelta perché era vecchio e codardo e salire su quella montagna gli iniziava a fare un po' di paura.

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