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La rabbia faticava a svanire.
Antonio se ne stava seduto sul divano con lo sguardo
rivolto alla finestra chiusa. Aspettava il giorno, attendeva il
sorgere del sole per affacciarsi a questa nuova giornata che avrebbe
sicuramente risvegliato in lui antichi ricordi.
Aveva lo sguardo fermo, fisso, ancora arrabbiato;
nonostante fossero passati vent'anni non l'aveva perdonata o forse,
il risentimento per ciò che aveva perduto era più forte del
vissuto. Si era logorato sulle possibilità perse da allora fino ad
oggi: vent'anni. Non si era costruito più nulla di vero; giocava con
le persone e con la sua stessa vita, non era riuscito a saltare il
fosso, ma bensì ci era precipitato dentro. Il rancore lo aveva reso
inerte davanti ai suoi desideri, era mutilato, storpio, monco.
Il sole si insinuò fra le persiane, un raggio lo
colpì in volto, quest'oggi aveva deciso di porre fine al suo
martirio, avrebbe cancellato quell'astio e si sarebbe riappacificato
con entrambi: con lei, ma soprattutto con se stesso.
Spense il fornello quando ormai era già tardi, il
caffè era uscito dalla moca ed aveva imbrattato tutto il piano
cottura, non si mise a pulire ma si limitò a versare nella tazzina
quel poco caffè rimasto. Uscì di casa, raccattò la bici dall'atrio
del condominio e si allontanò da quelle poche certezze che si era
sempre tenuto ben saldo.
Pedalava, e più pedalava più i pensieri si
infoltivano, non riusciva più a distinguere le colpe che lui le
aveva sempre attribuito, dalla sua paura di ammettere la propria
debolezza, la propria incapacità ad affrontare le insicurezze del
suo animo.
Si fermò di fronte ad un palazzo di due piani, squadrò
il grosso portone chiuso e successivamente alzò lo sguardo fino ad
una finestra aperta con un vaso di gerani in fiore sul davanzale.
Il completo caos che lo circondava, dagli ambulanti che
vendevano verdura, ai rombi delle auto per finire alle grida dei
bimbi che andavano a scuola, non scuotevano quel completo silenzio
che gli regnava dentro. Avrebbe messo fine a quella cattiveria, oggi
doveva fare in modo di contrastare quel senso di colpa che si portava
dietro.
Non sapeva chi avrebbe trovato dietro a quella
porta, ma a lui non importavano le persone, in questo momento aveva
l'ambizione di disotterrare il cadavere del suo passato e magari
riportarlo alla vita regalandosi così un po' di felicità.
Bussò alla porta, un giovane ragazzo gli aprì, serio e
crucciato, non gli disse nulla, non lo invitò ad entrare, ma Antonio
già si era fatto spazio fra lui e lo stipite della porta entrando.
Percorse buona parte del corridoio, poi si fermò inginocchiandosi e
prendendo dalla busta che portava con sé, mazzetta e scalpello,
iniziò a picchiare sulla mattonella.
Il ragazzo iniziò a gridare, gli si avvicinò: “Guardi
che chiamo la polizia, ma cosa diavolo sta facendo, questa è casa
mia, ma cosa fa non vede che rompe tutto? Adesso la faccio
arrestare!”.
Antonio continuava, con gesto ripetitivo a picchiare
quella mattonella, la frantumò arrivando al massetto. Continuò a
picchiare.
Il ragazzo si era allontanato, forse per telefonare,
quando sbucò dalla stanza vicino una signora che senza dire nulla
rimase ferma a guardare Antonio.
“Vuole che le prepari un tè?” chiese la signora con
tono cordiale.
Antonio si arrestò un momento, la guardò, poi
ricominciò a demolire il massetto.
La signora entrò in cucina e mise sul fornello un brico
con dell'acqua.
Non ci mise molto Antonio a recuperare la sua fede,
conosceva bene il punto, era tornato vivo il momento in cui si sfilò,
vent'anni addietro, la fede dall'anulare e la mise fra il cemento del
massetto che stava facendo. La prese fra le mani e se la guardò, ci
soffiò e se la strofinò sulla camicia, poi ci lesse la data, il
nome; e si alzò.
Entrò in cucina, dalla stanza a fianco si alzò un
suono di pianoforte; Antonio si mise seduto di fronte ad una tazza
fumante di tè. Aveva trovato ciò che cercava, mancava un ultimo
gesto e sarebbe, finalmente, tornato libero, forse fra poco tutta la
sua rabbia sarebbe svanita, forse avrebbe pianto e a sessant'anni
quel pianto sarebbe servito.
La signora gli si mise di fronte, lo guardava;
Antonio le prese la mano e le infilò l'anello al dito.
“Auguri” e così dicendole si alzò in piedi,
percorse il corridoio e si chiuse la porta alle spalle. Si tolse la
polvere dai pantaloni e respirando quella nuova aria del mattino
salì sulla bicicletta con il peso dei suoi sessant'anni.
di Milos Fabbri
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