Articolo di Antonio De Palma
Scritto il 8 ottobre 2013
Edgar Allan Poe non ebbe per
nulla una vita facile: morì a soli quaranta anni in circostanze oscure,
venne infatti trovato ai bordi di una strada di Baltimora senza i propri
vestiti ed in preda al delirio; ma andiamo con ordine.
Nacque a Boston nel 1809, i suoi genitori lo lasciarono prestissimo solo
al mondo, fortunatamente, però, una ricca famiglia di Richmond, la
famiglia Allan da cui prese parte del proprio cognome, lo accudì
egregiamente. Il fanciullo dimostrò sin da subito una spiccata
intelligenza fuori dalla norma, Edgar era dotato di una mente superiore,
era appassionato alla musica e alla poesia, di cui adorava soprattutto
la musicalità, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “jingle man”, un
pubblicitario ante litteram, insomma.
Gli venne data un’educazione britannica, nel frattempo, infatti, egli si
trasferì in Inghilterra con tutta la famiglia Allan, solo all’età di
undici anni ritorno negli USA, dove iniziò il suo straordinario e
singolare cammino: da questo momento la personalità di Poe sembrò
esplodere, venne allontanato dalle scuole, si innamorò follemente della
madre di un suo compagno di studi, andandola a trovare anche sopra la
sua tomba dopo la morte, nel frattempo iniziarono i debiti di gioco per
poi arrivare alla rottura con il padre, inesorabile perché da lì non ci
fu mai piu riconciliazione: Poe divenne così povero da dover avvolgere
il corpo della moglie, la cugina che aveva sposato, nel suo stesso
lenzuolo da corredo. I problemi di alcolismo si acuirono.
Naturalmente il risvolto della medaglia non tardò a mostrarsi, ed il
successo fu precorso da amicizie come quella di Kennedy, con il quale
Poe si scriveva sovente; tra il 1837 e il 1838 diede vita alla “Storia
di Arthur Gordon Pym”, che venne pubblicato nel 1838: si tratta di uno
dei suo libri più famosi, e tra i più rappresentativi della sua
narrativa del terrore.
Nel 1840 pubblicò a Filadelfia “La caduta della casa degli Usher”,
“Morella”, “William Wilson”, “La cometa” e “La conversazione di Eiros e
Charmion:” ed una prima raccolta de “I racconti del grottesco e
dell’arabesco”.
Nel 1841, per il Gift ed il Graham’s Magazine, scrisse “Eleonora” e
“Autografia”, “Studi letterari e critici su scrittori contemporanei”,
“Il ritratto ovale”, “La vita della morte”, “La maschera della morte
rossa”. Scrisse inoltre “I delitti della rue Morgue”, considerato da
molti il racconto capostipite del genere poliziesco. In esso compare per
la prima volta il personaggio del detective criminologo Auguste Dupin,
antesignano di tutta una sfilza di investigatori che culmineranno nel
“maestro” Sherlock Holmes.
“Lo scarabeo d’oro “(1843), che ottenne grande successo, e “Il corvo e
altre poesie” (1845) e “Il gatto nero” (1843) gli diedero la celebrità,
era all’apice del successo e, come accade spessissimo, quando ci si
trova molto in alto la caduta è quasi inevitabile e dolorosa.
La morte di Poe è perfettamente in linea con il suo stile, sembra vivere
una suo stesso racconto, dalle trame preudo-gotiche e dagli influssi
fortemente psicologici, il tutto completato da una punta di intrigo da
giallo.
Chissà se, quando lo ritrovarono sporco e delirante, avrebbe mai potuto
immaginare di essere un modello per personalità come Baudelarie e
Magritte, apparire con le sue poesie nella scena del film “Il Corvo” ed
essere il maggiore ispiratore degli ambienti di Tim Burton per le sue
creazioni.
Tutto questo non ci sarà dato mai di saperlo, eppure una cosa è sicura:
personaggi come Edgar Allan Poe serbano nel loro spirito, nelle loro
storie, una potenza tale da poter scatenare in ognuno di noi forze
oscure sin ora rimaste precluse, parlo di forze creative, nulla di
demoniaco! Semplicemente sarebbe intelligente, una volta ogni tanto,
metterci in discussione, in competizione con l’altra parte di noi
stessi, questa è un’operazione scomodissima, lo sappiamo, e lo sapeva
che lui, l’eterno sottovalutato Poe, signore del lato oscuro, maestro
del recondito,
creatore di distruzione.