sabato 23 febbraio 2019
venerdì 22 febbraio 2019
Ed
ora che la notte è quasi passata, questo poeta d'amore, un po'
falso un po' nostalgico, si toglie il suo costume da pagliaccio e lo
ripone fianco alla vita, poi si distende nel freddo velo che la ricopre, perchè anche oggi, come ieri, non ha trovato rifugio
nel cuore di alcuna fanciulla.
La
mia ricerca continuerà anche all'alba del prossimo giorno.
venerdì 15 febbraio 2019
DELUSO
Mi
hai deluso, certo che mi è stato detto.
Per
lo più donne, accortesi che non ero come loro pensavano. Ci sono
state volte in cui non mi è stato detto, ma comunque era facile da
percepire.
Ci
sono state almeno due volte in cui ero d'accordo con loro, quel mio
gesto, quel comportamento inadeguato era giusto che le avesse deluse.
Ma
che dire, non è facile rimanere a lungo ciò che si aspettano gli
altri, loro non ci pensano, ma siamo diversi.
Io
faccio sempre un po' fatica a vergognarmi o pentirmi di ciò che ho
fatto. Mi dovrei vergognare e pentirmi spesso, ma col tempo, ad oggi,
ho imparato ad accettarmi molto. I gesti che compio sono io a farli,
e anche quelli che potrebbero causare conseguenze sgradevoli, quelle
che mi porterebbero sul patibolo dell'amore, e non solo, piano piano
ho imparato ad accettarli.
Io
senza la vostra delusione, sarei lo stesso?
Certo
che si!
E
voi?
Mi
volete bene ancora, lo stesso?
Per
salvarsi bisogna perdersi, cadere, farsi male, diceva qualcuno.
Dipende
sempre da quanto ti fai male e da quanti amici hai vicino per
lasciarti aiutare a rialzarti.
Dipende
da tua moglie, dai tuoi figli, dai tuoi genitori, dal cane del vicino
e dalla rosa che sta sbocciando giù in cortile. Dipende da questa
primavera che si sta affacciando.
Dipende
dagli insetti, che ho letto oggi in un articolo, ce ne sono sempre
meno, molti meno, e ciò non va bene. Come molte altre cose.
Come io che ubriaco, voglio smettere di bere.
Come io che ubriaco, voglio smettere di bere.
Come
io che sono così fragile che mi sono rotto le palle di mostrarmi
duro.
Mi
voglio rompere e frantumare in tantissimi pezzi così che chiunque ne
possa prendere uno e ricordarsi di me e ogni tanto poter dire, col
sorriso sul volto, con lo sguardo rivolto oltre la finestra, mi
hai deluso ma ti ho voluto sempre bene.
Ed
infine stringendo forte quel pezzo di me dentro la mano, inciderle il
palmo e farne uscire una goccia di sangue, senza che lei se ne sia
accorta.
domenica 10 febbraio 2019
VOLI PINDARICI
Solitamente l’espressione “fare dei voli pindarici” viene attribuita a persone che tendono a proiettarsi in un mondo irreale, creativo, dunque a sé stante. Il termine deriva dal nome dell’antico poeta e cantore greco Pindaro, uno dei più grandi esponenti della lirica corale, per intenderci.
Di base è un distacco dalla realtà contemporanea e il conseguente ingresso in un mondo ad essa parallelo, spesso dai contorni allucinogeni e fiabeschi dove regna una “sana” alterazione assolutamente deviante e per certi versi destabilizzante.
È una sorta di “droga autofinanziata” dal nostro cervello quindi un viaggio nel subconscio. Il raggiungimento di un mondo fantastico senza far uso di droghe sintetiche e quindi una pura e libera divagazione in un’entità creata da noi stessi. Naturalmente molto dipende dal quoziente d’immaginazione e inventiva che appartiene a ognuno di noi.
La missione del “volo” è quella di annientare gli influssi catastrofici e nefasti del mondo circostante. Una non-accettazione della realtà porta quindi a farsi cullare in mondi colorati e conditi da dolci evasioni, staccarsi dal suolo terreno metaforicamente. Un distacco dai propri doveri per approdare in un mondo fatto di ricordi, emozioni, sogni e aspirazioni.
Insomma un vero e proprio trionfo della fantasia, nella sua più larga accezione del termine.
Lunga vita al volo, dunque, ed ai suoi benefici influssi.
… e se può esservi d’aiuto, lasciatevi “rapire” da un volo pindarico…!
Sono molte le persone che nell’esprimersi effettuano tale volo, riescono a passare in maniera originale e ardita da un argomento all’altro rimanendo in un contesto unitario. Può assumere un duplice senso, negativo cioè divagare e saltare da un ragionamento all’altro senza logica, oppure positivo, cioè saltare sì da un argomento all’altro però mostrando fini capacità digressive nonché abilità nel mantenere un filo conduttore nel discorso.
https://www.agendalugano.ch/episodes/646/perche-si-dice-volo-pindarico
EPPUR... BALORDO
La
ricchezza del mio cuore mi spaventa, io uomo povero e di semplici
principi, io piccolo essere fra le vostre grandi mani. Scherzo della
mia sfortuna con risate isteriche, assaporo sudice ferite con
bicchieri colmi di vino; ed ascolto musiche leggere, di poeti
erranti.
Eppure
il mio cuore è colmo d’amore, eppure un tempo sono stato felice:
chiamato Gastone, saggio, pagliaccio, nomade, merda di uomo.
Eppure
ora vago in strade abbandonate, soffermandomi qua e là sotto qualche
ponte, ad ascoltare violinisti emarginati da una società sorda, a
guardare nello specchio del fiume il mio cupo volto, segnato da
qualche anno in più della mia età. Passo dopo passo trascino un
corpo stanco di camminare, stanco di lasciarsi andare; mi siedo sul
bordo del fiume avvolto dal cemento, avvolto da una città che
detesto: cupa e grigia come ora è il mio animo. Un sorso di vino
ridà colore al cuore che allenta la morsa e mi fa stare male.
D’amore soffro, di vergogna mi ricopro, nell’aver abbindolato le
notti con il mio seme, nell’aver imprecato il tuo nome in chiese
consacrate; ed ora eccomi, non ancora penitente a soffrire la fame di
un’anima mal disposta. Mi vedo quando giovane camminavo sicuro,
fiero, pronto ad affrontare la vita ed uscirne vincitore. Mi lasciavo
abbindolare da tutto. Una
mosca fastidiosa che assillante, continua impetuosa a farmi
imprecare, questa rabbia primitiva contro un buon Dio.
E camminavo, camminavo mai stanco, mai abbattuto, con quella mia
speranza così positiva da essere diventata un marchio di me stesso.
Venticinque anni, entro nella casa dove però più non alloggio,
perchè mia moglie, troppo ha sofferto a causa mia ed ora preferisce
uno schiaffo a un bacio, preferisce l’insulto alla carezza. Ed io
“merda di uomo” rimango in silenzio a ricevere il suo pianto, la
sua rinuncia, ribattendo qua e là con un sorriso che suscita ancora
più rabbia. Emarginato da un luogo sconosciuto, da un luogo in cui
per due anni ho vissuto e tornato in patria, a camminare, camminare
senza stancarsi, un po’ abbattuto, lievemente sconfitto,
sicuramente segnato, ma non cambiato. Titubante sostengo lo sguardo
di nuovi occhi, più facile si rivela posarsi su ventri già
conosciuti, su labbra già assaporate e mai dimenticate. Da continui
sbagli mi lascio segnare, in vecchi amori cerco sostegno, di parole
confuse sono stanco.
venerdì 8 febbraio 2019
Ho
sorriso senza accorgemene, forse è un nuovo inizio.
Oppure
è soltanto il riflesso di ciò che ero.
Mi
scosto i capelli dal viso, non per lasciarmi vedere, ma per osservare
meglio ciò che mi è di fronte e dopo un attimo, abbandono la
visuale.
Non
mi piace quasi mai ciò che vedo. Non è vero.
Non
mi piacciono le persone, la maggioranza delle persone.
O
forse non è vero.
Non
apprezzo ciò che dicono, ma forse neanche questo
sottolinea
il mio malessere verso i miei simili.
Preferisco
la nebbia, il suono stridulo del corvo che mi osserva, il silenzio
della neve che cade.
Eppure
continuo a cercarti, come il topo nella trappola, come le mie labbra,
che non vogliono proprio, staccarsi dalle tue.
Eppure
ti vorrei lontano, per correre da te, senza riuscirci.
Ho
sorriso senza accorgermene, forse è un nuovo inizio.
Oppure
è soltanto la solita felicità che mi cerca, ed io col gesto della
mano scosto dal mio viso.
mercoledì 6 febbraio 2019
Nel
freddo
una
mano mi accarezza
fiocchi
di neve su di me
Freddo
per
un tempo ormai andato
m'attardo
Freddo
come
ogni velo
serve
a ricoprire
ma
non nascondere
e
tu ancora mi accarezzi
dopo
l'offesa
ed
io cerco
fra
labbra secche
un
nuovo pudore
Mia
cara amica
di
te ho bisogno
perchè
solo te
ho
dintorno
e
non cessare
di
essere buona
perchè
anche a te
serve
chi ti possa
lodare
e baciare
che strano
Steso su di un letto
sconosciuto, accarezzando un corpo sconosciuto, mi diletto della
vita. Non me l’aspettavo, tutto quel piacere. Le misi l’olio
sulla schiena e l’accarezzai. Lei parlava, con disinvoltura, quasi
con piacere, mi sembrava. Eravamo nudi, come si conviene in queste
occasioni. La baciavo fra le gambe, mentre mi accarezzava i capelli.
Le rimanevo incollato alle labbra, solo sfiorandole, mentre mi
toccava il pene.
Lei mi disse, io ascoltai.
Forse avevo bevuto quel goccio
di troppo, quel troppo che non ti fa ricordare tutto con
disinvoltura. Quel troppo che abbonda e mai ti abbandona, quel
troppo… ma lei guardandomi mi diceva semplicemente che ero bello. E
a me piaceva quel complimento. E le sorridevo. Dio quanto mi sentivo
a mio agio con quella francesina di Nizza, quella prostituta arrivata
a Faenza, per lavoro. Dio, quanto mi faceva sentire bene, quanto
chiacchierava, e poco mi importava del mio pisello, che strano, si
potrebbe pensare, che strano!
Eppur.
Eppur ancora sorrido,
pensandola.
CERTO
A
volte rifletto, forse tu non lo sai, ma non sono così superficiale
come mi credi.
Non
sono solo un soffio di vento autunnale, sono anche il polline che ne
resta e ti fa starnutire. Non sono solo il freddo invernale che ti fa
raffreddare, ma anche il calore del camino che resta nei tuoi
ricordi. Non sono solo l'improvviso arrivo di una pioggia
primaverile, ma anche il germoglio. Non sono solo il sudore
dell'estate che ti rende fiacca, ma anche l'amante che ti ha
provocato l'ansimare.
Non
sono un automa, sono il più generoso e spontaneo interprete di tutti
i sentimenti umani.
Sono
quello, te lo ricordi, che ti ha conquistato perché era romantico,
protettivo... e ti è piaciuto. Il fatto che ci fosti tu, quel giorno
e non un'altra, non è un caso, e questo tu non riesci a capirlo. Non
sei una fra le molteplici possibilità, sei l'unica possibilità. Sei
l'unica che poteva esserci!
Quelle
volte in cui rifletto mi accorgo di quanto sia diventato tortuoso,
ora, il nostro percorso.
Ciò
che all'inizio della nostra storia erano semplici incomprensioni da
parte tua nei miei riguardi, sono diventate col tempo montagne
insormontabili. Ciò che si poteva placare con una carezza è
diventato oggi il motivo di ripetuti schiaffi.
Ed
io sono stanco e tu sei lontana. Ma siamo pur sempre lungo la stessa
strada.
Vorrei
poter raggiungerti, prenderti il polso destro e tirarti a me. Vedere
il tuo viso e far cessare tutto questo dolore. Vorrei perdere la
memoria e innamorarmi di te, come un tempo, commettendo altri sbagli.
Vorrei poter guardarti e sorriderti, raccontarti, parlarti di me,
delle mie paure, dei miei sogni. Ascoltarti.
Mi
piacerebbe che i nostri figli catturassero la magia che li circonda,
nascosta fra le chiome degli alberi, nella crepa di un muro. Che
imparassero a raccogliere la semplicità tramutandola in bellezza.
Vorrei che imparassero da ciò che un tempo eravamo, io e te.
Ma
è tutto un passato questo mio parlare. Dove siamo ora?
Lontani!
Cerchiamo di schivare il dolore che ci viene gettato contro,
riuscendoci, solo in parte. Non la merda, il dolore. Perché ciò con
cui ci insultiamo non è cattiveria, merda, insoddisfazione, è
dolore. Il dolore che purtroppo ci si è appiccicato addosso.
E
quindi, mio caro amore, io mi nascondo sperando di non essere
trovato, sperando che il tuo dolore si plachi e non mi raggiunga,
sperando di non essere sempre e solo un bersaglio, sperando che
l’acidità scompaia.
La
mia? Certo… certo...
martedì 5 febbraio 2019
Ti ho sognata o eri vera
Ero seduto al tavolo del bar,
in una posizione comoda per vederti. Ti osservavo, nella tua
appagante bellezza. Ma ora che non sono più lì, ora che quella
bellezza, mi devo sforzare di immaginarla, ricordarla, mi accorgo che
a me non bastava. Sia in quel mometo, mentre ero inerte a guardarti,
che ora, che sono seduto a scriverti, ho la piena consapevolezza che
io vorrei essere il pittore, non solo lo spettatore. Vorrei, col
pennello in mano, percorrere ogni sfumatura del tuo corpo, del tuo
animo.
Io
vorrei essere il fiore su cui ti vai a posare. Ma questo è solo un
sogno, solo un vago riflesso della realtà. Eppure ogni volta che ti
penso sorrido e questa è già magia.
Per cui ti conserverò sempre
qui con me, come una mia musa, come uno di quegli amori impossibili
che non si smette mai di amare. Mi terrò stretto i tuoi sorrisi, le
tue dolci parole, la sensazione che anche a te, qualcosa ho lasciato.
Tu
sei stata come un tesoro, che inaspettatamente vien trovato, ma
subito son stato depredato da altri pirati, e sono rimasto lì, con
una sensazione di vuoto, con la consapevolezza di aver avuto fra le
mani, una ricchezza. Ed il sorriso ebete, dell'innamorato.
Ero seduto al tavolo del bar,
in una posizione comoda per vederti. Ti osservavo cercando di
appagarmi il più possibile della tua essenza, e quando, anche il tuo
sguardo cadeva sui miei occhi mi sentivo trafitto. Non so spiegartelo
bene, sono quelle cose che capitano inaspettate e ti avvolgono senza
lasciarti scampo. Non una trappola ma un incantesimo, una magia da
cui non puoi far altro che lasciarti trasportare via.
Per
cui mia cara e dolce Ambra, sappi che ora hai un profumo in più,
un tatuaggio in più, un amico in più.
Tutti
gli sguardi sono rivolti verso l'alto. Macchine fotografiche e
cellulari riprendono qualcosa, scattono foto. Un brulicare di vite
intente a immortalare monumenti e sculture. Antichità sospese nel
nulla.
Mani
alzate al cielo. Ma cosa sta guardando tutta questa gente? Cosa
cerca, cosa sogna, cosa immagina? Ma sanno ancora immaginare
qualcosa? O sono assuefatti dalle immagini senza riuscire a crearne
scenari?
Io tenevo ben stretto il mio
sacchetto legato alla cintura con uno spago. Mi avvicinai a una
signora di mezza età, ben vestita, affiancata da un giovane che mi
guardò inclinando un poco la testa verso destra.
Il
mio aspetto gli scaturiva qualcosa di scabroso, mi guardava come se
fossi nuda.
domenica 3 febbraio 2019
PAURA
Ho
paura.
Ho
paura perché so chi sono, dove voglio andare e l'alchimia che serve
per essere felici.
Ma
sono una persona insoddisfatta.
Non
riesco ad essere ciò che vorrei essere. Non riesco ad essere sereno,
perché ogni volta che sono felice mi accorgo di essere lontano dal
mio quotidiano. Ma in realtà basta poco. A volte, mentre vado al
lavoro e vedo il sole alla mia sinistra, me ne riempio: mi gonfio di
bellezza. Ma poi c’è la giornata da affrontare.
Certe
volte, mi soffermo sul tuo volto, e capisco un sacco di cose, quanto
sono stupido, figlio di una bellezza che non mi appartiene. Certe
volte, sono felice senza un motivo apparente. Certe volte, mi
accascio a terra, vomitando, tutto il malessere che ho dentro.
Mi
basta poco per essere felice, mi basta poco per essere triste. Ma
l’attimo di felicità è sempre meno duraturo della sofferenza di
aspettarne il ritorno.
Gioco
con me stesso, senza conoscere l’avversario, sperando di vincere,
prendendolo in giro, così mi pare.
Io
ho bisogno di una vita per stare male. Una vita con una una moglie,
dei figli, il lavoro… io senza una vita con una moglie dei figli e
un lavoro sarei libero, forse, ma perso, devastato da tutto quello
che mi potrebbe accadere, e poi, cosa farei, una volta libero,
rinizierei ancora, la stessa storia.
Ed
invece, avendo una moglie, dei figli, un lavoro, posso sognare di
cambiare tutto. Quindi? Quindi è tutto un casino, ti appassioni di
qualcosa che odierai. Ti infatui di qualcosa che maledirei eppure,
siamo tutti qui a rincorrere il proprio malessere.
Non
cambia nulla, essere ricco o povero, bello o brutto, no! È inutile,.
Scordatevelo, non vi cambierà nulla. Soffrirete, vi lacererete il
ventre in cerca di qualcosa che avete dentro, ma è solo un ricordo
e allora?
E
allora soffrite e basta. Nel disgusto degli altri e nella sobrietà
che vi attende dopo la sbronza. Gioite, tanto per fare, tanto per
ricordarvi , a volte, di dover essere felici. Ma ricordati anche, che
quel dito puntato, non è rivolto a te. Ed ora come farai sapendo che
il mondo, non ti odia.
ELOGIO
In
un batter d'ali si esprime tutto.
O
lo capisci o ti lasci abbandonare dentro il tempo.
Esiste
l'essenziale, il superfluo ed esisti tu.
Tu
non sei solamente un corpo che mi vive a fianco, provocandomi piacere
e dolore; tu sei l'oltre. Quel qualcosa in più che mi aspettavo fin
dall'adolescenza, quel qualcosa in più che ho sempre saputo,
esistere. Ed io l'ho trovato, in te. Ne sono ancora certo.
Tu
non sei una mancanza, una carenza, un riempimento dell'opera; tu sei
la centralità, il soggetto che la luce colpisce.
Eppur...
come si conviene nella vita moderna, tutto questo non basta per
recare felicità. Eppur... tu non sei moderna, mi dicesti: "Io
catalogo libri antichi".
"Ecco"
pensai, più antico di me, cosa potrebbe amare.
E
ti ho amata, Dio solo non sa, quanto ti ho amata, ma io sì, e ancora
sono qui a patire degli eccessi del mio amore. Perchè tu non lo
capisci, il mio amore, ed io ne soffro. E tu ne soffri. Ma non ne
soffriamo insieme. Sempre lontani, sempre separati.
Io
vorrei, in uno slancio da funambolo, rimanere sospeso, con te, sopra
la nostra sofferenza, e mostrarti finalmente, quel che c'è.
Ma
tu sei disposta a vederlo?
Tu
sei in grado di starmi vicino?
Tu
sai amare al di la di quello che pensavi di voler amare?
Io
sono qui, quando vuoi, fatti vedere.
Iscriviti a:
Post (Atom)