Della scuola non mi è rimasto nulla se non la vaga senzazione di aver buttato via delle buone possibilità. Ma come tutti sappiamo è inutile recriminare, quasi nessuno è disposto ad ascoltare, a nessuno interessano i nostri mali, semplicemente veniamo accusati e derisi, ma mai capiti.
Avevo un compagno di classe, Tronconi Marco, che fra le altre cose condivideva con me una delle poche cose della scuola che avevamo apprezzato - a livello didattico: Charles Baudelaire.
Fummo estasiati dallo Straniero, dall'Albatros...
Forse eravamo persone tristi e mai ci siamo riusciti a levare quella pesantezza da dosso, ma a differenza di tanti eravamo sempre stati noi stessi, nel bene e nel MALE.
TRISTEZZA DELLA LUNA
Vedevo dalla finestra il vento che si alzava, le
nuvole correvano veloci, nuvoloni neri portatori di pioggia. Stava
per arrivare un bel temporale. Mi immaginavo le volpi che si
affrettavano a rientrare nelle tane, gli uccelli che cercavano un
ramo sicuro e i piccoli insetti che si infilavano nelle crepe della
terra trovando riparo. Ed io me ne stavo chiuso tra le mura della mia
casa.
Eravamo stretti fra le pareti della cucina, le misi
la mano destra sul culo e strinsi la chiappa, me la portai ancora più
vicino a me e le cercai le labbra. Con la mano sinistra scavai fra
gli strati di vestiti per giungere al seno, lo strinsi, e
subito sentii
il desiderio irrigidirsi in me, ma lei girò
lo sguardo, mi allontanò la mano e fece un passo indietro. Anche
oggi mi sarei dovuto
masturbare.
La mia reazione fu la solita, mi incazzai. Avevo
voglia di toccarla, di essere toccato. Lei, si incazzò a sua volta;
era tipico: io le facevo il muso perché non me la dava e lei si
offendeva perché io pensavo solo a quello.
Uscii dalla cucina borbottando e mi misi seduto sul
divano facendo finta di leggere, dopo poco la vidi attraversare la
sala col suo solito passo spedito, verso la camera.
Non sapevo bene cosa fare quando, mi sentii
chiamare: “Amoree vieni a leccarmi tutta”. Non ci potevo credere,
si era convinta, ma la cosa era molto strana, non era mai capitato
che cambiasse idea così velocemente. D'altronde lei non è un uomo,
lei non separa il sesso dalle emozioni.
Mi alzai e andai in camera, era nuda con le gambe aperte
che mi aspettava ma, non ebbi neanche il tempo di accucciarmi fra le
sua gambe che iniziò a stropicciare il volto in smorfie di dolore.
Si mise la mano a coprire la vagina, capii che le fitte le
provenivano da lì: “Che hai fatto? Ti prude?”. Scostai la sua
mano e vidi che le labbra erano rosse, irritate. Alzai lo sguardo su
di lei ed entrambi ci voltammo verso il bordo del letto; c'era un
ramo di una pianta a terra, era la Stella di Natale.
“Sei proprio una stupida, cosa pensavi di fare? Vatti
a sciacquare io faccio un salto in farmacia. Pensavi di uccidermi?
Guarda che al limite mi veniva un po' di vomito e
diarrea.”
“Certo che non ti volevo uccidere, ma sei uno
stronzo”.
Il vento del giorno precedente aveva ripulito il
cielo, non si vedevano traccie delle nuvole che avevano persistito
per giorni. Era mattina presto, stavo percorrendo il lungo Tevere
quando arrivato presso ponte Milvio vidi una faccia barbuta spuntare
dalla scalinata che scendeva verso l'argine. Mi fissò, e come se
niente fosse mi propose di comprare la Luna.
“Salve, bella giornata oggi non trova?”
“Certo, non fa nemmeno troppo freddo” guardavo
quell'uomo senza riuscire a costruirci nulla attorno.
“Le piace la Luna?”
“Certo, e a chi non piace?” risposi frettoloso.
“Noto con piacere che lei è certo di molte
cose, ma sa, non dia così per scontato che tutti apprezzino la Luna.
Un tempo era amata dai più ma ora che l'uomo ci ha messo i piedi
sopra, gran parte della poesia è scomparsa. Ecco perché io ora la
vado vendendo, lei è interessato all'acquisto della Luna?”
Non riuscivo a capire se mi stesse prendendo in giro o
se fosse completamente pazzo.
“Che cosa intende per: è interessato all'acquisto?”
“Venga la prego, mi segua.”
Scesi gli scalini tenendo la mano sinistra appoggiata al
corrimano; lo sguardo sobbalzava tra le acque del fiume e quello
strano signore che mi camminava innanzi.
Era un barbone, non era difficile da intuire, ma
qualcosa in lui lasciava intendere che era un uomo colto.
Percorremmo qualche passo verso Castel sant'Angelo
quando vidi venire verso di noi un gruppo di donne, vestite di nero,
chi col capo coperto da un velo, chi invece teneva i lunghi ricci
sciolti al vento. Camminavano con la mano destra sul cuore e sempre
con essa marcavano un tempo. Qualcuna di loro teneva nel palmo una
foto. Danzavano, spostando il peso del proprio corpo, prima su un
piede poi sull'altro. Mi si stavano avvicinando, eravamo quasi di
fianco. Ondeggiavano piegando il ginocchio ed il capo da un lato e
poi all'indietro e a seguire in avanti e via di nuovo. Ci superarono,
mi voltai continuando ad osservare, era una marcia funebre.
“Sono morte sei persone, all'accampamento degli
zingari che si trova verso Prima Porta, gli hanno dato fuoco, e oggi
hanno organizzato un lutto di massa. Vieni che è quasi ora.”
“Dove stiamo andando?”
Si fermò di colpo, la visuale si aprì allungando
l'orizzonte. Mi indicò un punto con la mano dal quale, per ora non
riuscivo a vedere nulla. Più precisamente non sapevo cosa dovevo
guardare quando, vidi spuntare da dietro la città una palla nera
circondata da un anello di fuoco.
Non capivo cosa stesse succedendo, il cielo si era
inscurito, quel tondo nero leggermente più piccolo del sole
lentamente si stava spostando facendo tornare la luce.
“E' un'eclissi anulare” mi disse,
“e cosa significa?”
“La Luna è nel punto più lontano della sua orbita
eccetera, eccetera.”
Mi voltai verso di lui, ero ancora emozionato da quello
che stavo vedendo.
“Come fa a conoscere queste cose?”
“Perché, gliel'ho detto, io vendo la Luna, ma prima
le volevo mostrare parte della sua bellezza. Venga c'è altro.”
Francesca stava camminando col suo solito passo
spedito sul marciapiede del lungotevere. Portava un burqa viola che
mostrava solamente i suoi occhi. Francesca non era mussulmana e non
aveva nemmeno mai esternato la possibilità di diventarci.
Forse nemmeno lei capiva il motivo di quel
travestimento, sarebbe stato anche sconveniente nel momento in cui
avrebbero ritrovato il corpo. Ma a lei non importava, e questa
mattina dopo essere uscita di casa suonò alla porta che stava di
fronte alla sua. Sapeva che il marito non c'era per cui osò.
Le aprì la porta una ragazza molto giovane, che
riconoscendola la lasciò entrare.
“Mi presti un burqa?” le chiese Francesca, e senza
capire sotto quale incantesimo si trovasse la ragazza, la vide
tornare dopo poco con un abito ben piegato fra le mani.
Francesca camminava guardando il fiume, svoltò a
destra e si trovò in breve tempo al centro del ponte. Le auto le
passavano alle spalle creando una gran confusione, i palazzi creavano
un alto muro con un solo squarcio proprio di fronte a lei, e fu
proprio tramite esso che vide una grande palla nera con un cerchio di
fuoco attorno. Francesca non sapeva bene cosa fosse, un'eclissi? O
forse è arrivata la fine del mondo, per me fa lo stesso, e
si gettò fra le acque gelide del Tevere.
L'acqua era sicuramente fredda, ma i pensieri di
Francesca scorrevano altrove; stava per morire, stava per evacuare
ogni dolore, la sua ira si placava fra il gelo e l'indifferenza del
fiume, la sua vendetta si stava compiendo, ora non la poteva più
trattenere. Stava per spegnersi, il suo occhio era chiuso, le braccia
fluttuavano trascinate dalla corrente, quando sentì un contatto e
capì, che non era finita.
Non capivo cosa stesse succedendo, vidi tre uomini
gesticolare e parlarsi animatamente, erano stranieri, indicavano il
fiume, e quando li vidi gettarsi nel Tevere rimasi sbalordito.
Raimondo accelerò il passo, correva verso quelle
persone che si erano appena addentrate fra le acque gelide del fiume,
cercai di seguirlo ma mi sentivo immobilizzato. Entrò in acqua pure
lui. Gli uomini si erano uniti le mani formando un cordone che
cercava di recintare i due argini del fiume; Raimondo fu la pedina
che arginò quei due metri mancanti. Ero in balia di
un'immobilizzazione temporanea, guardavo senza poter far nulla.
Cosa stanno cercando di fare? Perché non riesco a
muovermi? Perché, ogni volta che c'è bisogno di attivarsi io
rimango inerte ad osservare, perché non mi riesco a sbloccare e con
te di tutto poter parlare.
Vidi un volto emergere dalle acque, finalmente
stavo focalizzando cosa stesse succedendo, volevano bloccare un corpo
in balia della corrente. Mi avvicinai ed entrai in acqua, sentii le
gambe gelarsi e tutto il corpo rabbrividì. Gli uomini avevano
fermato la donna e la stavano portando verso riva, cercai di
aiutarli, ma fui nuovamente paralizzato quando vidi e riconobbi il
volto della donna. Era mia moglie.
Quando fummo quasi a riva lei aprì gli occhi, mi vide,
e in quello sguardo percepii tutta la delusione del suo gesto.
Stasera, la luna sogna con più languore;
come una bellezza, su molti guanciali,
che con la mano distratta e carezza lieve
prima del sonno si tocca il contorno dei suoi seni,
sopra il lucido dorso di valanghe di seta,
morente s'abbandona a lunghi smarrimenti,
e muove gli occhi alle bianche visioni
che nell'azzurro salgono, come sboccio di fiori.
Quando talvolta su questa terra, dal suo dolce
ozio, lei lascia cadere una furtiva lacrima,
uno stanco poeta, nemico del sonno,
nel cavo della mano la raccoglie pallida,
iridescente al pari di un frammento d'opale,
e la ripone nel cuore via dagli occhi del sole.
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