mercoledì 13 novembre 2013

MILAN KUNDERA

Alessandro Piperno sul Corriere della Sera (30 ottobre 2013) scrive:

«Che cos'è la Festa dell'insignificanza?
Un divertissement surrealista, una parabola felliniana, in cui si alternano
personaggi alle prese con elucubrazioni stravaganti. Ciarlieri, peripatetici,
brilli, un po' vanesi, talvolta fin troppo astratti ma chi se ne importa.
Ogni tano alludono a un loro inventore che immagino sia Kundera stesso. E, in
effetti, Kundera li tratta come marionette. Li sfotte e li 


comprende. Ad essi
affida i suoi classici motivi: dall'involontaria comicità dei dittatori
comunisti alla futilità di ogni esperienza umana.»

E lo stile?
Scrive ancora Piperno:
«Kundera è rimasto Kundera: lo stile sobriamente paratattico, il tono dimesso, l'andamento svagato e rapsodico.»


 Avevo diciott'anni quando lessi il mio primo libro di Kundera. L'insostenibile leggerezza dell'essere: non ci capii nulla. Ma, per una strana forma di masochismo, continuai a leggere i suoi libri. Ad oggi li ho letti tutti, e amo questo scrittore.
Fu il terzo libro che presi in mano, se non ricordo male era lo scherzo, che mi diede la chiave di lettura per tutti gli altri libri. Per cui domani andrò a comprarmi il suo ultimo libro.

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