domenica 14 dicembre 2014

VIETATO SPUTARE


Mi sono spesso chiesto se un ladro non possa dare, ingiuriando, del ladro ad un'altra persona. Se un omosessuale non possa arrogantemente, dare del frocio ad un altro uomo. Un padre strillare alla moglie di non gridare ai figli. Fare noi stessi le cose che diciamo di non fare. Dire sempre che tutto è sbagliato, ma fare parte di quel tutto. Come è possibile? La società non funziona perché non esiste meritocrazia, sono tutti raccomandati.
Beh, ora una risposta inizio ad avercela.
Tutti i giorni sono uguali. Faccio sempre la stessa strada, vedo sempre le stesse persone, dico sempre le stesse cose. Anche oggi per esempio eccomi qui lungo il corso, la solita via, il solito tram che aspetto che arrivi. Ecco, il solito culo che mi si avvicina. Eppure oggi, invece di vedermelo a pecorina sul materasso del mio letto ancora disfatto, mi chiedo come diavolo è possibile che tutti i giorni siano così uguali e inutili. Mi chiedo che senso possa avere continuare a logorarmi l'anima con bei pensieri e concetti, se tanto non ci combino nulla di buono.
Certo da questa giornata mi aspetto una svolta, ma non sono ben sicuro se in positivo. Me ne sarei pentito di questa decisione, o forse no?
Sto aspettando il 2, il solito tram, ma questa volta con destinazione diversa: ecco il primo cambiamento.
Senza che me ne accorga, il meraviglioso culo di quella fanciulla che mi stava a fianco (che probabilmente non ho mai visto in volto), ha iniziato a salire i gradini del tram, mi affretto anch'io.

venerdì 12 dicembre 2014

Un destino ridicolo

UN DESTINO RIDICOLO



Tutti i pomeriggi alle ore sedici e cinquanta mi sedevo sulla poltroncina dell'intercity diretto a Sulmona.
Non c'era molta gente, spesso ero solo lungo tutto il vagone. In quei momenti, in quel viaggio che durava circa un'ora, riflettevo.
Le mie giornate lavorative erano dure. I miei vestiti erano sporchi. Durante il lavoro pensavo poco ai problemi esistenziali, rimanevo concentrato su ciò che facevo. Invece sul treno, col rumore del viaggio che mi cullava, mi lasciavo ha pensieri e ragionamenti filosofici. Non era certo appagante la mia vita.
Mi alzavo tutti i giorni alle cinque e mezza, mi preparavo il caffè e uscivo nell'oscurità che avvolgeva la città. I miei figli dormivano, mentre, mia moglie, avvolta nel tepore delle coperte mi salutava accarezzandomi la guancia.
Durante il viaggio di andata rimanevo immobile con lo sguardo rivolto fuori dal finestrino. Non salutavo nessuno, non guardavo nessuno, ero completamente solo. Arrivato a L'Aquila salivo sulla mia auto, che tenevo parcheggiata fuori dalla stazione, e raggiungevo il posto di lavoro. Con i colleghi non mi trovavo molto bene. Erano troppo presi da sé stessi, sempre pronti a usare una parola aspra invece che le buone maniere. Le buone maniere.