da: la bellezza ovunque.
25 marzo 1985
«Laddove
è abbondante il peccato, ha sovrabbondato la grazia.»
«Come,
scusa?»
«Perché
Dio non ha impedito al primo uomo di peccare?»
mi chiese Giovanna mentre mi lasciavo inebriare dall’alcol che
iniziava a fare il suo effetto.
La pancia di Giovanna aveva
iniziato a lievitare dopo tre mesi che la conobbi. Eravamo entrambi
felici di quella novità. Avrebbe partorito di lì a pochi giorni. Da
tre settimane vivevamo insieme in un bell’appartamento su viale
Baccarini.
«Bella
domanda, insieme a tantissime altre che gli farei.»
«Sant’Agostino
rispose che nulla si oppone al fatto che la natura umana sia stata
destinata a un fine più alto dopo il peccato»
aspettò che la Morena
lasciasse la birra sul tavolo e si allontanasse. Eravamo al
ClanDestino, un bel locale che mi ospitava fin da ragazzo. Quando si
faceva buco a scuola. Quando si voleva ascoltare un bel concerto.
Quando non si aveva nessuno con cui uscire. Quando ci si voleva
ubriacare. Quando semplicemente si era vivi.
«Dio
permette che ci siano i mali per trarre da essi un bene più grande.»
Giovanna era in un periodo di
delizie, le sue parole sbordavano e colavano come un cucchiaio colmo
di miele e io ci rimanevo appiccicato. La sua tolleranza si era
allargata come la cintura elastica dei pantaloni che ora portava. E
io cercavo di approfittare di questo stato di grazia.
«E
quali sono queste altre domande che gli faresti? Sono curiosa.»
Mi guardò sorridente e mi
ricordai, ancora una volta, perché mi piaceva così tanto.
«Gli
chiederei perché è così debole. Qui sulla terra vince sempre il
male. Certo, tu dici che ci serve, ma non a noi, a Lui serve. Gli
serve per darci la grazia, ma a noi, cosa serve Lui?»
Finii la seconda birra, stavo per ordinarne un’altra ma scorsi il
volto di Giovanna rabbuiarsi.
«È
più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un
ricco entri nel regno dei Cieli. Questa frase»
dissi rinunciando alla mia terza birra «potrebbe
aver senso presa così, senza il contesto da cui è stata
estrapolata. Nell’immaginario comune, i ricchi sono persone con un
basso profilo umano. Hanno vizi, si godono spasmodicamente la vita,
in pratica eccedono. Ma non è sempre così, e se anche fosse, forse
è meglio godersi la vita oggi, qui, piuttosto che vivere di stenti e
attendere il regno dei Cieli.»
«Beati
voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno
ogni sorta di male… Beati i poveri di spirito… gli afflitti…
Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno
saziati.»
Giovanna mi guardava divertita. Stava alzandosi un vento freddo,
eravamo fuori dal locale, mi sollevai il colletto della giacca.
«Tu,
Antonio, ti riferisci al ricco che chiede a Gesù cosa deve fare per
ottenere la vita eterna, e Gesù gli risponde di rispettare i
comandamenti.»
«Esatto.
E quello gli risponde di aver sempre osservato tutte quelle cose. “E
quindi cosa mi manca?” gli chiede.»
«Va’,
vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel
regno dei Cieli.»
«Gesù
si rivolge sempre ai poveri. Solo loro, dopo aver consumato una vita
umile sulla terra, accederanno al regno dei Cieli per essere felici.»
«Andiamo
a casa, Antonio, inizio a sentire freddo.»
Ci alzammo riponendo le sedie
vicino al tavolino e ci incamminammo tenendoci per mano, verso casa.
«Tu
hai ragione, ma è giusto così!»
«Cioè?»
«È
nella semplicità, nell’umiltà, nel contatto con la terra, che
riesci a percepire il divino. Chi troppo possiede, chi preferisce
l’agio alla fatica, non può cogliere quella sana stanchezza che ti
rende ricco. Pensa alle nostre vite…»
«Be’,
effettivamente, meglio dormire in una tenda che in un albergo quattro
stelle. Non mi guardare così, dico sul serio. Però… Non
concepisco che la via giusta debba per forza attraversare la
sofferenza e la povertà.»
«C’è
una crepa in ogni cosa ed è da lì che entra la luce. Citazione di
Leonard Cohen.»
Giovanna mi sorrise, era stanca.
«Comunque,
per concludere il discorso, ben sai che, per esempio, anche il
Buddismo recita lo stesso mantra. Sii umile e dedica la tua vita alla
compassione, comprensione degli altri.»
Aprimmo il portone del
condominio, salimmo le scale ed entrammo in casa. Mi guardai attorno
e pensai che io e Giovanna eravamo ricchi, ma non per ciò che
possedevamo materialmente. Noi ci amavamo.