venerdì 22 febbraio 2019

Ed ora che la notte è quasi passata, questo poeta d'amore, un po' falso un po' nostalgico, si toglie il suo costume da pagliaccio e lo ripone fianco alla vita, poi si distende nel freddo velo che la ricopre, perchè anche oggi, come ieri, non ha trovato rifugio nel cuore di alcuna fanciulla.
La mia ricerca continuerà anche all'alba del prossimo giorno.


venerdì 15 febbraio 2019

DELUSO


Mi hai deluso, certo che mi è stato detto.
Per lo più donne, accortesi che non ero come loro pensavano. Ci sono state volte in cui non mi è stato detto, ma comunque era facile da percepire.
Ci sono state almeno due volte in cui ero d'accordo con loro, quel mio gesto, quel comportamento inadeguato era giusto che le avesse deluse.
Ma che dire, non è facile rimanere a lungo ciò che si aspettano gli altri, loro non ci pensano, ma siamo diversi.
Io faccio sempre un po' fatica a vergognarmi o pentirmi di ciò che ho fatto. Mi dovrei vergognare e pentirmi spesso, ma col tempo, ad oggi, ho imparato ad accettarmi molto. I gesti che compio sono io a farli, e anche quelli che potrebbero causare conseguenze sgradevoli, quelle che mi porterebbero sul patibolo dell'amore, e non solo, piano piano ho imparato ad accettarli.
Io senza la vostra delusione, sarei lo stesso?
Certo che si!
E voi?
Mi volete bene ancora, lo stesso?

Per salvarsi bisogna perdersi, cadere, farsi male, diceva qualcuno.
Dipende sempre da quanto ti fai male e da quanti amici hai vicino per lasciarti aiutare a rialzarti.
Dipende da tua moglie, dai tuoi figli, dai tuoi genitori, dal cane del vicino e dalla rosa che sta sbocciando giù in cortile. Dipende da questa primavera che si sta affacciando.
Dipende dagli insetti, che ho letto oggi in un articolo, ce ne sono sempre meno, molti meno, e ciò non va bene. Come molte altre cose.
Come io che ubriaco, voglio smettere di bere.
Come io che sono così fragile che mi sono rotto le palle di mostrarmi duro.
Mi voglio rompere e frantumare in tantissimi pezzi così che chiunque ne possa prendere uno e ricordarsi di me e ogni tanto poter dire, col sorriso sul volto, con lo sguardo rivolto oltre la finestra, mi hai deluso ma ti ho voluto sempre bene.
Ed infine stringendo forte quel pezzo di me dentro la mano, inciderle il palmo e farne uscire una goccia di sangue, senza che lei se ne sia accorta.

domenica 10 febbraio 2019

VOLI PINDARICI






Solitamente l’espressione “fare dei voli pindarici” viene attribuita a persone che tendono a proiettarsi in un mondo irreale, creativo, dunque a sé stante. Il termine deriva dal nome dell’antico poeta e cantore greco Pindaro, uno dei più grandi esponenti della lirica corale, per intenderci.
Di base è un distacco dalla realtà contemporanea e il conseguente ingresso in un mondo ad essa parallelo, spesso dai contorni allucinogeni e fiabeschi dove regna una “sana” alterazione assolutamente deviante e per certi versi destabilizzante.
È una sorta di “droga autofinanziata” dal nostro cervello quindi un viaggio nel subconscio. Il raggiungimento di un mondo fantastico senza far uso di droghe sintetiche e quindi una pura e libera divagazione in un’entità creata da noi stessi. Naturalmente molto dipende dal quoziente d’immaginazione e inventiva che appartiene a ognuno di noi.
La missione del “volo” è quella di annientare gli influssi catastrofici e nefasti del mondo circostante. Una non-accettazione della realtà porta quindi a farsi cullare in mondi colorati e conditi da dolci evasioni, staccarsi dal suolo terreno metaforicamente. Un distacco dai propri doveri per approdare in un mondo fatto di ricordi, emozioni, sogni e aspirazioni.
Insomma un vero e proprio trionfo della fantasia, nella sua più larga accezione del termine.
Lunga vita al volo, dunque, ed ai suoi benefici influssi.
… e se può esservi d’aiuto, lasciatevi “rapire” da un volo pindarico…!
Sono molte le persone che nell’esprimersi effettuano tale volo, riescono a passare in maniera originale e ardita da un argomento all’altro rimanendo in un contesto unitario. Può assumere un duplice senso, negativo cioè divagare e saltare da un ragionamento all’altro senza logica, oppure positivo, cioè saltare sì da un argomento all’altro però mostrando fini capacità digressive nonché abilità nel mantenere un filo conduttore nel discorso.

https://www.agendalugano.ch/episodes/646/perche-si-dice-volo-pindarico 

EPPUR... BALORDO






La ricchezza del mio cuore mi spaventa, io uomo povero e di semplici principi, io piccolo essere fra le vostre grandi mani. Scherzo della mia sfortuna con risate isteriche, assaporo sudice ferite con bicchieri colmi di vino; ed ascolto musiche leggere, di poeti erranti.
Eppure il mio cuore è colmo d’amore, eppure un tempo sono stato felice: chiamato Gastone, saggio, pagliaccio, nomade, merda di uomo.
Eppure ora vago in strade abbandonate, soffermandomi qua e là sotto qualche ponte, ad ascoltare violinisti emarginati da una società sorda, a guardare nello specchio del fiume il mio cupo volto, segnato da qualche anno in più della mia età. Passo dopo passo trascino un corpo stanco di camminare, stanco di lasciarsi andare; mi siedo sul bordo del fiume avvolto dal cemento, avvolto da una città che detesto: cupa e grigia come ora è il mio animo. Un sorso di vino ridà colore al cuore che allenta la morsa e mi fa stare male. D’amore soffro, di vergogna mi ricopro, nell’aver abbindolato le notti con il mio seme, nell’aver imprecato il tuo nome in chiese consacrate; ed ora eccomi, non ancora penitente a soffrire la fame di un’anima mal disposta. Mi vedo quando giovane camminavo sicuro, fiero, pronto ad affrontare la vita ed uscirne vincitore. Mi lasciavo abbindolare da tutto. Una mosca fastidiosa che assillante, continua impetuosa a farmi imprecare, questa rabbia primitiva contro un buon Dio. E camminavo, camminavo mai stanco, mai abbattuto, con quella mia speranza così positiva da essere diventata un marchio di me stesso. Venticinque anni, entro nella casa dove però più non alloggio, perchè mia moglie, troppo ha sofferto a causa mia ed ora preferisce uno schiaffo a un bacio, preferisce l’insulto alla carezza. Ed io “merda di uomo” rimango in silenzio a ricevere il suo pianto, la sua rinuncia, ribattendo qua e là con un sorriso che suscita ancora più rabbia. Emarginato da un luogo sconosciuto, da un luogo in cui per due anni ho vissuto e tornato in patria, a camminare, camminare senza stancarsi, un po’ abbattuto, lievemente sconfitto, sicuramente segnato, ma non cambiato. Titubante sostengo lo sguardo di nuovi occhi, più facile si rivela posarsi su ventri già conosciuti, su labbra già assaporate e mai dimenticate. Da continui sbagli mi lascio segnare, in vecchi amori cerco sostegno, di parole confuse sono stanco.

venerdì 8 febbraio 2019






Ho sorriso senza accorgemene, forse è un nuovo inizio.
Oppure è soltanto il riflesso di ciò che ero.
Mi scosto i capelli dal viso, non per lasciarmi vedere, ma per osservare meglio ciò che mi è di fronte e dopo un attimo, abbandono la visuale.

Non mi piace quasi mai ciò che vedo. Non è vero.
Non mi piacciono le persone, la maggioranza delle persone.
O forse non è vero.
Non apprezzo ciò che dicono, ma forse neanche questo
sottolinea il mio malessere verso i miei simili.

Preferisco la nebbia, il suono stridulo del corvo che mi osserva, il silenzio della neve che cade.
Eppure continuo a cercarti, come il topo nella trappola, come le mie labbra, che non vogliono proprio, staccarsi dalle tue.
Eppure ti vorrei lontano, per correre da te, senza riuscirci.

Ho sorriso senza accorgermene, forse è un nuovo inizio.
Oppure è soltanto la solita felicità che mi cerca, ed io col gesto della mano scosto dal mio viso.

mercoledì 6 febbraio 2019


Nel freddo
una mano mi accarezza
fiocchi di neve su di me

Freddo
per un tempo ormai andato

m'attardo

Freddo
come ogni velo
serve a ricoprire
ma non nascondere

e tu ancora mi accarezzi
dopo l'offesa
ed io cerco
fra labbra secche
un nuovo pudore

Mia cara amica
di te ho bisogno
perchè solo te
ho dintorno
e non cessare
di essere buona
perchè anche a te
serve chi ti possa
lodare e baciare

che strano

 



Steso su di un letto sconosciuto, accarezzando un corpo sconosciuto, mi diletto della vita. Non me l’aspettavo, tutto quel piacere. Le misi l’olio sulla schiena e l’accarezzai. Lei parlava, con disinvoltura, quasi con piacere, mi sembrava. Eravamo nudi, come si conviene in queste occasioni. La baciavo fra le gambe, mentre mi accarezzava i capelli. Le rimanevo incollato alle labbra, solo sfiorandole, mentre mi toccava il pene.
Lei mi disse, io ascoltai.
Forse avevo bevuto quel goccio di troppo, quel troppo che non ti fa ricordare tutto con disinvoltura. Quel troppo che abbonda e mai ti abbandona, quel troppo… ma lei guardandomi mi diceva semplicemente che ero bello. E a me piaceva quel complimento. E le sorridevo. Dio quanto mi sentivo a mio agio con quella francesina di Nizza, quella prostituta arrivata a Faenza, per lavoro. Dio, quanto mi faceva sentire bene, quanto chiacchierava, e poco mi importava del mio pisello, che strano, si potrebbe pensare, che strano!
Eppur.
Eppur ancora sorrido, pensandola.

CERTO





A volte rifletto, forse tu non lo sai, ma non sono così superficiale come mi credi.
Non sono solo un soffio di vento autunnale, sono anche il polline che ne resta e ti fa starnutire. Non sono solo il freddo invernale che ti fa raffreddare, ma anche il calore del camino che resta nei tuoi ricordi. Non sono solo l'improvviso arrivo di una pioggia primaverile, ma anche il germoglio. Non sono solo il sudore dell'estate che ti rende fiacca, ma anche l'amante che ti ha provocato l'ansimare.
Non sono un automa, sono il più generoso e spontaneo interprete di tutti i sentimenti umani.
Sono quello, te lo ricordi, che ti ha conquistato perché era romantico, protettivo... e ti è piaciuto. Il fatto che ci fosti tu, quel giorno e non un'altra, non è un caso, e questo tu non riesci a capirlo. Non sei una fra le molteplici possibilità, sei l'unica possibilità. Sei l'unica che poteva esserci!
Quelle volte in cui rifletto mi accorgo di quanto sia diventato tortuoso, ora, il nostro percorso.
Ciò che all'inizio della nostra storia erano semplici incomprensioni da parte tua nei miei riguardi, sono diventate col tempo montagne insormontabili. Ciò che si poteva placare con una carezza è diventato oggi il motivo di ripetuti schiaffi.
Ed io sono stanco e tu sei lontana. Ma siamo pur sempre lungo la stessa strada.
Vorrei poter raggiungerti, prenderti il polso destro e tirarti a me. Vedere il tuo viso e far cessare tutto questo dolore. Vorrei perdere la memoria e innamorarmi di te, come un tempo, commettendo altri sbagli. Vorrei poter guardarti e sorriderti, raccontarti, parlarti di me, delle mie paure, dei miei sogni. Ascoltarti.
Mi piacerebbe che i nostri figli catturassero la magia che li circonda, nascosta fra le chiome degli alberi, nella crepa di un muro. Che imparassero a raccogliere la semplicità tramutandola in bellezza. Vorrei che imparassero da ciò che un tempo eravamo, io e te.
Ma è tutto un passato questo mio parlare. Dove siamo ora?
Lontani! Cerchiamo di schivare il dolore che ci viene gettato contro, riuscendoci, solo in parte. Non la merda, il dolore. Perché ciò con cui ci insultiamo non è cattiveria, merda, insoddisfazione, è dolore. Il dolore che purtroppo ci si è appiccicato addosso.
E quindi, mio caro amore, io mi nascondo sperando di non essere trovato, sperando che il tuo dolore si plachi e non mi raggiunga, sperando di non essere sempre e solo un bersaglio, sperando che l’acidità scompaia.
La mia? Certo… certo...

martedì 5 febbraio 2019

Ti ho sognata o eri vera

 







Ero seduto al tavolo del bar, in una posizione comoda per vederti. Ti osservavo, nella tua appagante bellezza. Ma ora che non sono più lì, ora che quella bellezza, mi devo sforzare di immaginarla, ricordarla, mi accorgo che a me non bastava. Sia in quel mometo, mentre ero inerte a guardarti, che ora, che sono seduto a scriverti, ho la piena consapevolezza che io vorrei essere il pittore, non solo lo spettatore. Vorrei, col pennello in mano, percorrere ogni sfumatura del tuo corpo, del tuo animo.
Io vorrei essere il fiore su cui ti vai a posare. Ma questo è solo un sogno, solo un vago riflesso della realtà. Eppure ogni volta che ti penso sorrido e questa è già magia.
Per cui ti conserverò sempre qui con me, come una mia musa, come uno di quegli amori impossibili che non si smette mai di amare. Mi terrò stretto i tuoi sorrisi, le tue dolci parole, la sensazione che anche a te, qualcosa ho lasciato.
Tu sei stata come un tesoro, che inaspettatamente vien trovato, ma subito son stato depredato da altri pirati, e sono rimasto lì, con una sensazione di vuoto, con la consapevolezza di aver avuto fra le mani, una ricchezza. Ed il sorriso ebete, dell'innamorato.

Ero seduto al tavolo del bar, in una posizione comoda per vederti. Ti osservavo cercando di appagarmi il più possibile della tua essenza, e quando, anche il tuo sguardo cadeva sui miei occhi mi sentivo trafitto. Non so spiegartelo bene, sono quelle cose che capitano inaspettate e ti avvolgono senza lasciarti scampo. Non una trappola ma un incantesimo, una magia da cui non puoi far altro che lasciarti trasportare via.
Per cui mia cara e dolce Ambra, sappi che ora hai un profumo in più, un tatuaggio in più, un amico in più.






Tutti gli sguardi sono rivolti verso l'alto. Macchine fotografiche e cellulari riprendono qualcosa, scattono foto. Un brulicare di vite intente a immortalare monumenti e sculture. Antichità sospese nel nulla.
Mani alzate al cielo. Ma cosa sta guardando tutta questa gente? Cosa cerca, cosa sogna, cosa immagina? Ma sanno ancora immaginare qualcosa? O sono assuefatti dalle immagini senza riuscire a crearne scenari?

Io tenevo ben stretto il mio sacchetto legato alla cintura con uno spago. Mi avvicinai a una signora di mezza età, ben vestita, affiancata da un giovane che mi guardò inclinando un poco la testa verso destra.
Il mio aspetto gli scaturiva qualcosa di scabroso, mi guardava come se fossi nuda.

domenica 3 febbraio 2019

PAURA





Ho paura.
Ho paura perché so chi sono, dove voglio andare e l'alchimia che serve per essere felici.
Ma sono una persona insoddisfatta.
Non riesco ad essere ciò che vorrei essere. Non riesco ad essere sereno, perché ogni volta che sono felice mi accorgo di essere lontano dal mio quotidiano. Ma in realtà basta poco. A volte, mentre vado al lavoro e vedo il sole alla mia sinistra, me ne riempio: mi gonfio di bellezza. Ma poi c’è la giornata da affrontare.
Certe volte, mi soffermo sul tuo volto, e capisco un sacco di cose, quanto sono stupido, figlio di una bellezza che non mi appartiene. Certe volte, sono felice senza un motivo apparente. Certe volte, mi accascio a terra, vomitando, tutto il malessere che ho dentro.
Mi basta poco per essere felice, mi basta poco per essere triste. Ma l’attimo di felicità è sempre meno duraturo della sofferenza di aspettarne il ritorno.
Gioco con me stesso, senza conoscere l’avversario, sperando di vincere, prendendolo in giro, così mi pare.

Io ho bisogno di una vita per stare male. Una vita con una una moglie, dei figli, il lavoro… io senza una vita con una moglie dei figli e un lavoro sarei libero, forse, ma perso, devastato da tutto quello che mi potrebbe accadere, e poi, cosa farei, una volta libero, rinizierei ancora, la stessa storia.
Ed invece, avendo una moglie, dei figli, un lavoro, posso sognare di cambiare tutto. Quindi? Quindi è tutto un casino, ti appassioni di qualcosa che odierai. Ti infatui di qualcosa che maledirei eppure, siamo tutti qui a rincorrere il proprio malessere.
Non cambia nulla, essere ricco o povero, bello o brutto, no! È inutile,. Scordatevelo, non vi cambierà nulla. Soffrirete, vi lacererete il ventre in cerca di qualcosa che avete dentro, ma è solo un ricordo e allora?
E allora soffrite e basta. Nel disgusto degli altri e nella sobrietà che vi attende dopo la sbronza. Gioite, tanto per fare, tanto per ricordarvi , a volte, di dover essere felici. Ma ricordati anche, che quel dito puntato, non è rivolto a te. Ed ora come farai sapendo che il mondo, non ti odia.

ELOGIO






Elogio alla mia ragazza che non mi ama più



In un batter d'ali si esprime tutto.
O lo capisci o ti lasci abbandonare dentro il tempo.
Esiste l'essenziale, il superfluo ed esisti tu.
Tu non sei solamente un corpo che mi vive a fianco, provocandomi piacere e dolore; tu sei l'oltre. Quel qualcosa in più che mi aspettavo fin dall'adolescenza, quel qualcosa in più che ho sempre saputo, esistere. Ed io l'ho trovato, in te. Ne sono ancora certo.
Tu non sei una mancanza, una carenza, un riempimento dell'opera; tu sei la centralità, il soggetto che la luce colpisce.
Eppur... come si conviene nella vita moderna, tutto questo non basta per recare felicità. Eppur... tu non sei moderna, mi dicesti: "Io catalogo libri antichi".
"Ecco" pensai, più antico di me, cosa potrebbe amare.
E ti ho amata, Dio solo non sa, quanto ti ho amata, ma io sì, e ancora sono qui a patire degli eccessi del mio amore. Perchè tu non lo capisci, il mio amore, ed io ne soffro. E tu ne soffri. Ma non ne soffriamo insieme. Sempre lontani, sempre separati.

Io vorrei, in uno slancio da funambolo, rimanere sospeso, con te, sopra la nostra sofferenza, e mostrarti finalmente, quel che c'è.
Ma tu sei disposta a vederlo?
Tu sei in grado di starmi vicino?
Tu sai amare al di la di quello che pensavi di voler amare?

Io sono qui, quando vuoi, fatti vedere.