sabato 31 agosto 2013

“Caducità” di Hermann Hesse

“Caducità” di Hermann Hesse

articolo di: Maria Colombro



Su me dall’albero della vita
foglia su foglia cade.
O variopinto mondo senza senso
come ci rendi sazi,
sazi e stanchi
come ci rendi ebbri!
Ciò che ancor oggi arde
sprofonda presto.
Presto sibila il vento
sulla mia bruna tomba,
si reclina la madre
sul suo figlioletto.
Gli occhi suoi voglio rivedere
il suo sguardo è la mia stella,
tutto il resto vuol dileguare e sparire,
tutto muore, tutto muore volentieri.
Resta solo l’eterna Madre
dalla quale noi venimmo,
nell’aria labile le sue dita
giocano a scrivere il nostro nome.

Hermann Hesse

Rendersi consapevoli che tutto è talmente caduco, precario, destinato alla fine.
Non ci si potrebbe aspettare niente di dissimile da un pensatore come Hermann Hesse. Artista a tutto tondo ha regalato sempre con la sua prosa così come la sua poesia panoramiche sul mondo schiette e sentimentali. Nella raccolta alla quale questo testo appartiene, “Il Canto degli alberi”, l’autore sceglie come oggetto simbolo proprio gli alberi, che, compiendo il loro ciclo, ben rappresentano la caducità e l’eterna rinascita. Nella loro essenza è nascosta un po’ anche la nostra.
Apparteniamo ad un tempo che è destinato a concludersi, siamo interposti tra ineluttabili inizio e fine. Eppure ci illudiamo di possedere il mondo, di dominarlo in qualche modo. La nostra esistenza è invece momentanea, transitoria.
Foglia su foglia cade scrive Hermann Hesse. Questa immagine è di straordinaria efficacia. Le parole quasi non servono più. L’autunno degli alberi è l’autunno degli uomini.
Siamo in balia di chissà quale destino, sovrastati da un mistero che non ci è dato rivelare eppure ci crediamo gli eterni e assoluti padroni del futuro, sebbene del futuro possiamo cogliere solo piccole sfumature. L’unica dimensione che potremmo pensare di afferrare è il presente, tuttavia anche questo spesso ci sfugge.
Tutto quello che si potrebbe ancora dire è racchiuso negli ultimi quattro versi della poesia. In essi vi è il senso di ciò che il poeta si sforza di spiegare nei versi precedenti. Dalla terra noi veniamo e alla terra siamo inevitabilmente obbligati a tornare. La madre di ogni cosa ci accoglie tutti e come una burattinaia tiene i fili delle nostre vite.
Ogni verso di questa poesia è una sentenza e un invito alla riflessione. Questo sicuramente non vuol dire che dobbiamo rassegnarci a subire il destino che ci capita, forse però dobbiamo imparare serenamente ad accettarlo, perché tutto è fallibile, tutto ci colpisce soltanto trasversalmente.

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